TOGLIAMOCI LE CRAVATTE!
Qualcuno ha fatto finta
d’ignorare i preoccupanti segnali che con periodica frequenza si manifestavano
nei diversi ambiti dell’economia locale. Altri, invece, hanno provato a
predicare l’allerta; hanno continuato a predicare il richiamo al grande senso di
responsabilità, accertato che la situazione economica e finanziaria appariva
sempre più avvinghiata dentro le “sabbie mobili” della crisi. Con voglia
costruttiva abbiamo auspicato che la politica, che i politici siciliani
smettessero di litigare per occuparsi dello sviluppo socio economico della
propria terra. Invece, il buio più profondo ci ha sommerso, ubriacati da beghe e
contrasti politici che nulla hanno a che fare con gli interessi del popolo.
Lotte intestine che ci hanno ridotto in ginocchio; lotte intestine e di
contrapposizione che hanno ignorato i principi fondanti della funzione
politica. Governare, amministrare, cercare crescita e sviluppo. Occuparsi del
bene comune e per il bene comune. Oggi, la condizione di sottosviluppo, la
recessione in cui siamo stati, irresponsabilmente, condannati, non ci dà più
margini di speranza sull’immediata ripresa. Un popolo ed un’area geografica del
Paese, voluti da decenni di governo nazionale, nel sottosviluppo, assistiti ed
alimentati unicamente con il pubblico impiego. Prevalentemente retribuiti per
non stare a fare nulla di particolarmente importante per lo sviluppo economico!
Per non produrre nessun prodotto. Rapinati delle nostre capacità! Politiche
nazionali che non ci hanno voluto fare investire nello sviluppo reale
dell’agricoltura, elemosinandoci alla richiesta, sussidi, indennità, rimborsi e
quant’altro. Ridotti a mero "granaio nazionale del consenso", per
rendere servigi al padrone di turno. Tale stato di cose, oggi, non ci permette
di partecipare con la necessaria velocità alla ricostruzione dell’economia del
nostro Paese, e alla richiesta di produrre PIL, che proviene dalla Comunità
Economica Europea. Una condizione, la nostra, quella siciliana, che ci trova - purtroppo - in forte ritardo, con ampi margini di svantaggio sullo sviluppo e rispetto al resto del Paese. Addirittura
disabituati al concetto di crescita e produzione reale. Chi è stato sordo, oggi ci predica sacrifici magari per sanare
anni di palese malgoverno. Chi ha pensato di litigare, pensa alle riforme
elettorali magari con l’intento di riposizionarsi nelle prossime legislature.
L’Italia, ha bisogno di livellare gli sforzi, ma ha anche bisogno di distribuire
equamente la ricchezza. L’Italia ha il dovere di guardare ai suoi cittadini in
maniera equilibrata, evitando di discriminare questo o quello; evitando di
discriminare questa o quell’area geografica. E’ necessario risollevarsi, ed in fretta. E’
necessario smettere di continuare a considerare la politica solo come lo
strumento utile ad alcuni. E’ necessario che si torni a parlare di confronto
dialettico costruttivo e produttivo. E’ necessario mettere a riposo chi ha
fallito nel proprio compito, cagionando - invece - danni irreparabili a coloro che avrebbero dovuto rappresentare negli
oggettivi e pubblici interessi; cagionando - invece - enormi falle, drammatici
danni. La politica in Italia, torni ad essere il mezzo della democrazia,
affidando la vita degli italiani, ad una classe dirigente capace e degna di rappresentare
gli interessi di milioni di uomini.
Togliamoci le cravatte, e
mettiamoci a lavorare per creare un Paese in cui le sue regioni siano messe nelle condizioni di viaggiare tutte con la medesima velocità!
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