Guardare a Palermo con gli occhi di chi ha consapevolezza
del drammatico momento che stiamo vivendo, ci aiuta a comprendere che non
abbiamo più tempo per consentire ad altri di gestire la potestà sulle scelte
del nostro futuro. Troppi decenni ci gravano sulle spalle, ed i gravosi
risultati – oggi - appaiono davvero sconfortati. Anni, lunghi anni di assistenzialismo
imposto da politiche di governo nazionale che, per noi italiani dell’estremo
sud, ha significato solo pubblico impiego. Politiche nazionali che, per la
nostra terra, hanno voluto tenersi unicamente la regia con l’intento di trarne –
dopo - “farina”, “grano” elettorale. Riserva di voti nei momenti più – a loro –
utili a piazzarsi in prestigiose poltrone parlamentari, poltrone di potere.
Lasciando ai nostri concittadini, solo le briciole rimaste da dispensargli se
bravi, o toglierle se disobbedienti. E’ vero, forse in pochi hanno pure – da siciliani
– ottenuto le “loro” poltrone, ma la nostra terra con tutti quanti i valori in
essa contenuti, è stata sfiancata. Ridotti alla miseria. Hanno mosso masse di
cittadini, in ragione della giusta raccomandazione che ci garantisse un posto ”sicuro”
per tutta la vita. Hanno mosso volumi di anime, con la certezza che con artifici
avrebbero potuto raggirare leggi, principi, valori e, con un etichetta di
precari, scavalcando gli altri – anche quest’altri
– avrebbero ottenuto un sicuro lavoro di “precario a vita”. Precario, chiaramente
da stabilizzare, poi, pian piano e
quindi nel tempo, a vita. Oggi le”Torri…”,
simbolo del potere e delle certezze, sono crollate. Sono state abbattute dalle
nostre nefandezze; sono state demolite dalla nostra idiozia che ha voluto
seguire coloro che – scelti dalle regole costruite ad arte e dal medesimo
potere centrale – abbiamo promosso a rappresentanti nelle istituzioni delle
nostre istanze, delle nostre aspettative. Scelte folli, che ci hanno indotto ad
affidare nelle mani di soggetti inadeguati - premiati da dinamiche che hanno
strutturato selezioni della classe politica e dirigente, che ha insignito i
meno bravi – il futuro delle nostre generazioni. Ma anche delle future
generazioni. E’ chiaro, i primi responsabili siamo noi ma, adesso, non esistono
più le condizioni per lasciare spazio a semplici giochi di potere. A scelte affrettate o " di favore". Palermo ed i
palermitani, hanno l'obbligo di dare “un colpo di reni”e ripartire da se stessi. Dobbiamo
guardare a ciò che siamo, ciò che siamo stati, ciò che abbiamo e da li
costruire – sbracciandoci – il futuro. Dobbiamo costruire le condizioni di uno
sviluppo che, pian piano, crei ricchezza partendo dalla produzione di qualcosa
che realizzi sano PIL (prodotto interno lordo). Dobbiamo creare lavoro che crei sviluppo. Dobbiamo reimpostare un sistema
organizzativo di città, che riveda la sua macchina amministrativa e risolva le
criticità evidenti che, a partire dal funzionamento della stessa, ammoderni i
sistemi, offra maggiori e migliori servizi, perequi i costi, contenga la spesa,
apra alla finanza di progetto, restauri le sue società partecipate, si affidi
ad una illuminata pianificazione urbanistica. Affronti il problema dei
lavoratori, a cominciare da GESIP, per offrire a tutti i sui cittadini,
certezze e fiducia ne futuro. Impossibile dimenticare cosa siamo stati o cosa
abbiamo fatto, se seriamente vogliamo rilanciare la nostra città. Conoscere la
storia, studiare il passato aiuta, ma molto, a impostare le linee
programmatiche per rilanciare la nostra economia. Guai a tentennare. Guai a
continuare a fidarsi di ciò che abbiamo soltanto sentito dire, senza leggere
dentro le carte. Guai a buttarsi giù. E’ giunto il momento di fare sul serio.
Ma con consapevole senso di responsabilità. Io ci credo sul serio.
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